«Come Gesù Cristo, costretti a fuggire»: domenica 27 settembre la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato

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La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide, e per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Anche quest’anno sarà celebrata, l’ultima domenica di settembre, il 27. La Diocesi, attraverso il Servizio Migrantes, sollecita le parrocchie a vivere con profondità questa giornata, dedicando un momento della Santa Messa domenicale proprio a tale intenzione. A questo link è possibile scaricare materiale di approfondimento e per l’animazione.

Il titolo scelto dal Santo Padre per il suo messaggio annuale è «Come Gesù Cristo, costretti a fuggire» (qui il testo integrale) e si concentra sulla pastorale degli sfollati interni, Papa Francesco esorta, infatti, a non dimenticarli, come anche «tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19». Si stima che nel mondo gli sfollati interni siano oltre 50 milioni. A guerre, conflitti e disastri ambientali, si aggiunge in questo tempo anche la piaga della pandemia. Il loro è spesso un dramma silenzioso e dimenticato. Papa Francesco sottolinea che in seguito alla crisi, «iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane», sono relegati «in fondo alle agende politiche nazionali». Ma «non è questo il tempo della dimenticanza». Quando si parla di migranti e di sfollati, ricorda Francesco, troppo spesso “ci si ferma ai numeri”. “Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati». Bisogna quindi «conoscere per comprendere». «La conoscenza – scrive il Papa – è un passo necessario verso la comprensione dell’altro».

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