Tema:
Il presbitero e la sua comunità etnica
Presenti: p. Stefan (Verbita ghanese – Vicenza); p. Nicola (Francescano croato – Padova); d. Cornelius (studente a Padova, nigeriano per gli anglofoni d’Africa – Verona); d. Peter (Diocesano incardinato ad Adria-Rovigo – comunità anglofona); d. Paolo (rumeno-latino – Padova); d. Marino (dir. Chioggia); d. Franco (dir. Pordenone); p. Ivan (Ucraino – Chioggia).
Premessa: non siamo riusciti ad affrontare il tema in maniera sistematica perché ognuno ha preferito narrare il proprio vissuto; riporto pertanto il contenuto dei singoli interventi.
p. Ivan: a Chioggia c’è una piccola comunità di Rito Bizantino composta prevalentemente da donne. Sono stato accolto bene sia dalla comunità che dalla Diocesi. Per alcune persone la comunità è stata occasione di riscoperta della fede non sempre vissuta serenamente in Ucraina. La mia presenza, oltre che finalizzata alla Liturgia è colta come occasione di aiuto e sostegno nelle difficoltà della vita quotidiana e sono cercato per confronti e colloqui. Ho constatato che alcune delle persone che rientrano in Ucraina, vivono la difficoltà del reinserimento nelle rispettive comunità.
d. Paolo: lnizialmente la comunità rumena latina di Padova era composta da soli uomini. La presenza cattolica, anche in Romania, è esigua rispetta alla maggioranza Ortodossa. Molti sono inseriti nelle parrocchie dove vivono. C’è la Celebrazione domenicale e anche due giorni la settimana, però non molto frequentata. Sono molto frequentate la celebrazioni nelle grandi feste liturgiche; forse la nostra presenza fra un po’ non sarà più necessaria. La questione che pongo è la seguente: Dove vogliamo arrivare con queste comunità etniche? Non sempre hanno un’identità chiara.
Talvolta la comunità è cercata perché offre percorsi più brevi per i Sacramenti e non per fare “comunità”. Non abbiamo una parrocchia di riferimento con la quale dialogare con il rischio di ghettizzarci. C’è qualche occasione di incontro con i Greco-cattolici rumeni.
p. Stefano: abbiamo sei luoghi idi incontro; ogni comunità ha un piccolo Consiglio pastorale e cerca di organizzare incontri con le parrocchie dove siamo ospitati. C’è un buon rapporto tra sacerdoti e fedeli. Nei giovani di seconda generazione abbiamo rilevato una fatica nell’identificarsi con la comunità etnica ma anche con la parrocchia di vita. Sfide aperte: la presenza dei Gruppi pentecostali (affascinanti!); il problema del lavoro; la convivenza tra le diverse etnie che compongono la comunità ghanese in Diocesi. Vivo bene il mio servizio tra i fedeli, sono per loro un punto di riferimento, mi sforza di condividere le loro gioie e difficoltà cercando di essere “pastore per tutti”.
p. Nicola: la comunità è composta da circa cinquanta persone che regolarmente partecipano all’Eucarestia, presenti in Italia da molti anni e la Messa diviene il “luogo” dove coltivare la loro nazionalità croata. In Diocesi sono stato accolto bene.
Le persone in Italia da maggior tempo sono più chiuse nei miei confronti, diversamente da coloro che sono arrivate di recente. La presenza di un’Associazione civile croata che si occupa un po’ di tutto, rende meno necessaria il mio servizio.
d. Cornelius: la comunità africana-anglofona è molto articolata e vivace nelle sue attività pastorali. C’è coinvolgimento di diversi laici nell’organizzazione delle varie iniziative anche se il ruolo del presbitero è fondamentale come riferimento e coordinamento. C’è anche il tentativo di collaborare con le parrocchie dove siamo accolti e la parrocchia dove siamo inseriti maggiormente si è ravvivata anch’essa. La comunità è importante come aiuto nelle difficoltà e come riferimento in quanto molte persone non hanno imparato bene l’italiano; se non ci fosse la comunità forse molte persone si sarebbero “perse”. Mi trovo bene, mi sento utile in questo mio servizio alle persone e sono confortato dalla grande fede che vedo in molti di loro.
d. Peter: la comunità è numerosa. Alcuni dei cattolici partecipavano alle attività dei Pentecostali. Il rapporto con la parrocchia è cordiale e vi sono forme di collaborazione (partecipazione al Consiglio Pastorale). Sono punto di riferimento per le persone: vengono per i loro problemi e ho un ruolo di mediatore e pacificatore nei conflitti interni alla comunità. La comunità cerca di affrontare anche le problematiche economiche, anche se con molte difficoltà.
d. Gabriele Bittante
Direttore ufficio Migrantes diocesi di Treviso